lunedì 25 giugno 2012

CIÒ CHE CI ASPETTIAMO DI REALIZZARE È IN REALTÀ CIÒ CHE HA POTERE SU DI NOI


La maggior parte di noi affronta la vita con determinate aspettative, o se le crea strada facendo. Ci aspettiamo prima di tutto la salute, poi riteniamo perfettamente normale aspettarci di essere amati dalle persone che amiamo, ci aspettiamo poi di incontrare l’amore con la A maiuscola, inoltre noi stessi desideriamo essere eccezionali, unici, intelligentissimi, originali, ricchi, colti, eccetera.
Forse stiamo un poco esagerando è vero, ma siamo sinceri, non siamo poi così lontani dalla verità sulle nostre elevatissime aspettative sulla vita.
Questi (od altri) livelli di aspettative vengono però il più delle volte pesantemente disattesi; a volte possiamo serenamente accettarlo nel nostro intimo, e allora i danni sono minimi, ma altre volte non ce la facciamo, si rompe qualcosa al nostro interno e diciamo ”no, questo no”. Possono essere cose gravissime come la scomparsa di persone vicine, la morte di un figlio, gravi infermità, cose cioè che non rientrano in quanto noi siamo normalmente disposti ad accettare nel nostro inconscio. Oppure possono essere situazioni apparentemente più leggere, come una delusione amorosa, un tradimento di un amico, qualcosa che però alla persona che lo subisce appare insopportabile.
Questo è un aspetto interessante, da tenere ben presente: situazioni diverse, eventi di gravità molto diversi, possono produrre gli stessi effetti mentali, mentre eventi simili non sempre causano uguali reazioni e danni.
Ciò è dovuto al differente livello di aspettative che le persone hanno nei confronti della vita.
La caduta delle aspettative che, consciamente o inconsciamente, abbiamo circa la nostra vita, ha a che fare con il nostro concetto di sopravvivenza. Nel caso in cui l’evento sia fisicamente perturbativo, tutte le menti, tendenzialmente reagiscono in modo simile: èoggettivamente il rischio di sopravvivenza fisica che è in gioco. Quando invece l’evento è completamente nella sfera mentale, è soggettivamentecoinvolta l’idea della qualità della sopravvivenza. Questa soggettività investe l’idea stessa di come deve esser la vita della persona.
Ciò che ci aspettiamo di realizzare è in realtà ciò che ha potere su di noi.
Nella misura in cui desideriamo avere certe cose, raggiungere certi risultati, diventare ciò che sogniamo di diventare (ricchi, laureati, dirigenti, belli, ammirati, sposati, amati, eccetera) siamo in potere di questi desideri, fino a quando non siano stati soddisfatti o fino a quando non si cessi di desiderarli.
Probabilmente alcuni, si sentiranno colpiti da queste considerazioni: ”come, dovrei rinunciare a desiderare quella posizione professionale, quella persona, quell’auto, quel denaro? Ma non riuscirei più a vivere! Che senso ha la vita senza un obiettivo? Che gusto ci sarebbe?”
In realtà le cose non stanno proprio così: l’idea di non riuscire a vivere senza impellenti desideri è appunto un’idea, nulla di più che un’idea.
(Elitheo Carrani “La Psicoanalisi del Buddha e il Peccato Originale” )

VA BENE,VA BENE


Una ragazza, in un villaggio di pescatori, restò incinta. I suoi genitori la picchiarono finché non confessò chi era il padre: “È stato il maestro zen che vive nel tempio fuori dal villaggio”.
I suoi genitori e tutti gli abitanti del villaggio si indignarono.
Una volta nato il bambino, accorsero al tempio e lasciarono il neonato ai piedi del maestro zen. Gli dissero: “Sei un ipocrita, questo bambino è tuo! Prendine cura!”.
Il maestro zen si limitò a replicare: “Va bene! Va bene!”. E diede il bambino a una donna del villaggio perché lo svezzasse e lo accudisse, facendosi carico lui delle spese.
In seguito a questo fatto il maestro perse la propria reputazione, i suoi discepoli lo abbandonarono, nessuno andò più a chiedergli consigli, e questo durò per alcuni mesi.
Quando la giovane vide tutto ciò, non sopportò questa situazione e raccontò a tutti la verità: Il padre del bimbo non era il maestro, ma il figlio del vicino. I suoi genitori e tutti gli abitanti del villaggio, allora, tornarono al tempio e si gettarono ai piedi del maestro zen. Implorarono il suo perdono e chiesero che restituisse loro il bambino.
Il maestro restituì il bambino e si limitò a dire: “Va bene! Va bene!”.
 ANTHONY DE MELLO, Dove non osano i polli

martedì 12 giugno 2012

Quando sei innamorato

Quando l’amore provi a spiegarlo, provi a guardarlo, a capirne le sfumature vuol dire che non sei innamorato
Quando all’amore dai tutte le risposte significa che la tua mente è libera da ogni sentimento
Perche quando sei innamorato sei tutto scemo,
sei geloso anche di chi non esiste
Quando sei innamorato diventi paranoico, triste, sdolcinato,
vorresti che l’amore che provi sia uguale a quello ricevuto
Quando sei innamorato tutto diventa più grande, una telefonata non ricevuta significa “non mi pensa più”
Si diventa ciechi e qualsiasi consiglio ricevuto lo senti sordo e lontano
Quando sei innamorato ascolti tutti e poi vai avanti per la tua strada, sempre
Quando non sei innamorato vorresti sentire i crampi allo stomaco, ma quando poi arrivano non sei mai pronto
Non bisogna mai innamorarsi da chi non può darti l’amore che provi, bisogna fermarsi un passo prima
L’amore lo puoi spiegare, lo puoi odiare, lo puoi guardare, ma se in amore non puoi amare allora fermati e non guardare cosa c’è oltre

DAL WEB

lunedì 11 giugno 2012

Il ricamo della vita

Per tutti quei momenti duri della vita,quando ci chiediamo perchè,quei perchè che tormentano l'anima e ci rendono le giornate grige e cupe...E' una storia interessante:non rissolve nulla,ma aiuta a vivere con più filosofia.

 Per anni e anni Ghior, giro’ il mondo alla ricerca di qualche risposta ai suoi affannosi "perché?". 
Da piccolo aveva perso la mamma e il papa’ e aveva dovuto arrangiarsi per vivere, subendo ogni sorta di privazioni. La vita, tra imprevisti, delusioni e accidenti di ogni tipo, non gli aveva mai sorriso veramente.
Ora, stanco e arrabbiato, stava per abbandonarsi definitivamente allo sconforto, ma, prima di mollare la presa, decise di fare un ultimo viaggio per il mondo e, preparata alla buona una sacca con cibo e vestiti, s'incammino’ alla ricerca di risposte.
Dopo molto tempo, una notte molto fredda, arrivo’ in un piccolo villaggio, poche tende di pastori, qualche fuoco e molte stelle. Entro’ in una delle tende e vicino al fuoco vide addormentata una vecchia donna. Stava quasi per svegliarla e chiederle ospitalita’, quando una mano gli sfioro’ la spalla. Girandosi di scatto, si trovo’ davanti un giovane: era un guerriero che sottovoce, ma con tono imperioso, gli disse: "Per la notte copriti con questa!", e gli porse una coperta morbidissima, di lana pettinata, ricamata con colori accesi: nemmeno il tempo di ringraziare, ed era gia’ sparito.
La luce tenue dell'alba sveglio’ Ghior, che ancora sotto la sua coperta, si senti’ invadere come una piena dal peso dei suoi perche’ e dei suoi dubbi antichi. La vecchia donna rientrando nella tenda con una brocca fumante di latte di capra e qualche focaccia gli disse: "Figliolo, smetti di tormentarti per nulla".
"Ma la mia sofferenza e le mie disgrazie sono nulla?" rispose Ghior stupito e rattristato.
"Figliolo - riprese la donna - smetti di tormentarti. Cio’ che ti ha tenuto caldo durante la notte é proprio la risposta che cerchi".
Ghior non capiva. Cos'era questa cosa che lo aveva tenuto caldo per tutta la notte...ed era anche la risposta ai suoi perché ?
Sfiorando il bordo della coperta, la morbidissima sensazione della lana si trasformo’ in una illuminazione: "La coperta, la coperta mi ha tenuto caldo, la coperta ! Ma...come puo’ essere la risposta ai perché complicati della mia vita ?".
Appoggiato il latte e le focacce per terra, la vecchia donna si chino’ fino a sedersi al giaciglio di Ghior.
"Guarda figliolo - disse mostrandogli un lato della coperta - cosa vedi?"
"Dei colori bellissimi, e disegni ancor piu’ belli ricamati con perfezione mai vista".
"Ora guarda l'altro lato: cosa vedi?".
"Vedo il tipico aggrovigliarsi dei fili del ricamo, colori sovrapposti, confusione, nodi curati ma sempre nodi, e tagli di filo e colori, intrecci imprevisti, senza senso, disegni incomprensibili e brutti da vedere".
"Ecco figliolo, la vita, la tua vita é esattamente cosi’: tu sei sotto il ricamo della vita, puoi vedere questa coperta solo da sotto; é la condizione umana. Nel frattempo, per te, su di te e dentro di te si ricamano dall'altro lato disegni e sfumature straordinarie e di una bellezza sconvolgente, e per questo ricamo a volte si rende necessario tagliare, fare nodi, correggere. Da qua sotto é ovvio che SENZA UN PO' DI FEDE e fantasia vedi solo tagli, nodi e confusione, ma guarda un po' cosa sta realizzando Dio su di te... un disegno bellissimo !" 

DAL WEB

sabato 9 giugno 2012

Cose che fanno male

Ci sono cose che fanno male che lacerano l'anima,sono le cose non dette,quelle mai capite e poi anche parole che pensavi di non meritare...Ci sono persone che mai saremmo in grado di ferire volontariamente,sono le persone che teniamo strette al cuore,ma che spesso ci dano le maggiori delusioni.Tu rimani la a chiedere dove hai sbagliato....Meglio non pensare,meglio non farsi male...Già...passerà...come se fosse tutto cosi semplice...Ti dirano tutti cosi...si,intanto il grigio se lo portano i tuoi giorni,e la notte buia sara pioggia solo per te...

Inizio e fine

Tutto ha un inizio e una fine...Anche quel piccolo fiore cosi grazioso,cosi inocente,un giorno deve appassire...deve morire e lasciare la sua essenza.E' l'essenza forse, un novo inizio...l'inizio di un ricordo...

venerdì 8 giugno 2012

Significativa....

"Le parole sono buone. Le parole sono cattive. Le parole offendono. Le parole chiedono scusa. Le parole bruciano. Le parole accarezzano. Le parole sono date, scambiate, offerte, vendute e inventate. Le parole sono assenti. Alcune parole ci succhiano, non ci mollano; sono come zecche: si annidano nei libri, nei giornali, negli slogan pubblicitari, nelle didascalie dei film, nelle carte e nei cartelloni. Le parole consigliano, suggeriscono, insinuano, ordinano, impongono, segregano, liberano, eliminano. Sono melliflue o aspre. Il mondo gira sulle parole lubrificate con l’olio della pazienza. 
I cervelli sono pieni di parole che vivono in santa pace con le loro contrarie e nemiche. Per questo le persone fanno il contrario di quel che pensano, credendo di pensare quel che fanno. Ci sono molte parole.
E ci sono i discorsi, che sono parole accostate le une alle altre, in equilibrio instabile grazie a una sintassi precaria, fino alla conclusione del “Dissi” o “Ho detto. Con i discorsi si commemora, si inaugura, si aprono e chiudono riunioni, si lanciano cortine fumogene o si dispongono tende di velluto. Sono brindisi, orazioni, conferenze, dissertazioni. Attraverso i discorsi si trasmettono lodi, ringraziamenti, programmi e fantasie. E poi le parole dei discorsi appaiono allineate su dei fogli, dipinte con inchiostro tipografico - e per questa via entrano nell’immortalità del Verbo. Accanto a Socrate, il presidente dell’assemblea affigge il discorso che ha aperto il rubinetto della fontana. E le parole scorrono, fluide come il “prezioso liquido. Scorrono interminabili, allagano il pavimento, salgono alle ginocchia, arrivano alla vita, alle spalle, al collo. È il diluvio universale, un coro stonato che sgorga da milioni di bocche. La terra prosegue il suo cammino avvolta in un clamore di pazzi che gridano, che urlano, avvolta anche in un mormorio docile, sereno e conciliatore. C’è di tutto nel coro: tenori e tenori leggeri, bassi, soprani dal do di petto facile, baritoni trasbordanti, mezzocontralti. Negli intervalli, si ode il suggeritore. E tutto ciò stordisce le stelle e perturba le comunicazioni, come tempeste solari.
Perché le parole hanno cessato di comunicare. Ogni parola è detta perché non se ne oda un’altra. La parola, anche quando non afferma, si afferma. La parola non risponde, né domanda: accumula. La parola è l’erba fresca e verde che copre la superficie dello stagno. La parola è polvere negli occhi e occhi bucati. La parola non mostra. La parola dissimula.
Per questo urge mondare le parole perché la semina si muti in raccolto. Perché le parole siano strumento di morte - o di salvezza. Perché la parola valga solo ciò che vale il silenzio dell’atto.
C’è anche il silenzio. Il silenzio, per definizione, è ciò che non si ode. Il silenzio ascolta, esamina, osserva, pesa e analizza. Il silenzio è fecondo. Il silenzio è terra nera e fertile, l’humus dell’essere, la tacita melodia sotto la luce solare. Cadono su di esso le parole. Tutte le parole. Quelle buone e quelle cattive. Il grano e il loglio. Ma solo il grano dà il pane."

Di questo mondo e degli altri
José Saramago

Le canzoni

Tutta la nostra vita è fatta di pensieri,parole,abbiamo sempre quel maledetto bisogno di esprimerci di fare capire agli altri fino in fondo come siamo,cosa vogliamo,cosa cerchiamo,ma tante volte non ce la facciamo...E poi ci sono le canzoni,la musica,che a volte ci completa,ci comprende...La musica cambia da giorno in giorno...è diversa forse...ma forse la musa che ci ispira ad ascoltarla è sempre la stessa ...Oggi un pezzo dal mio cielo triste...domani chissà!

Vuoto vertiginoso

Ci sono situazioni nella vita che sembrano un circolo vizioso...A volte cerchi di scappare,poi di ritornare...e poi sempre li ...al punto di partenza...Alla fine è come un film,finisce sempre allo stesso modo:tante lacrime e un vuoto vertiginoso dentro do te...